Quella diversa “qualità della vita” nel territorio associativo

Non posso dire di essere un assiduo frequentatore delle statistiche, ma a volte mi piace soffermarmi sulla lettura di qualche indagine particolare. Così può accadere di leggere i titoli e qualche articolo che mi sembra ricco di informazioni. Ho scorso con un certo interesse e, non lo nego, con un po’ di scetticismo, le classifiche dei giornali più accreditati sulla qualità della vita nelle città e nelle province italiane. Già il concetto di “qualità della vita” può essere opinabile e può evidentemente essere declinato in diverse modalità. Non tocca a me contestare i criteri che sono stati utilizzati per costruire queste graduatorie, ma credo che sia difficile andare al cuore delle persone per capire quanto, in definitiva, sia fonte di felicità vivere in una provincia piuttosto che in un’altra.

Nessuno può ignorare, per esempio, che i giovani in particolare vorrebbero vivere nelle grandi città dove cioè siano facilmente raggiungibili l’università, i posti di lavoro, dove vi siano tanti locali per lo svago e per le amicizie. Eppure qualcosa mi dice che questa scelta è anche figlia del nostro tempo e della necessità di avere un buon titolo di studio ed un buon lavoro, con – se possibile – un ottimo stipendio. Poi, in realtà, spesso ci si ricrede e si rivaluta la qualità di vita fatta di ritmi umani, di spazi da vivere, di piante e giardini che si offrono alla frequentazione. E magari anche a cieli stellati nelle notti serene; quei cieli che nelle grandi città sono praticamente invisibili, mentre in montagna o in riva al mare brillano di stelle, apparentemente vicinissime.

Tutto questo per introdurre una considerazione che mi permetto di esporre dal momento che da anni sto percorrendo l’Italia in lungo e in largo. Certo, devo riconoscere che la mia esperienza è un po’ specifica, ma credo che abbia senso ricordare che il territorio vissuto nel CSI è molto più omogeneo: ho incontrato dirigenti e realtà societarie stupende sia al Nord sia al Centro sia nel Sud d’Italia. E, se devo mettere in luce la capacità di “farsi carico” della formazione e dell’educazione dei giovani pur disponendo di poche risorse economiche, questa capacità risalta tanto più al Sud. Insomma, nella nostra Associazione, le classifiche sono molto diverse, con la bilancia complessiva che sta molto in equilibrio, con buona pace di chi non vede le enormi potenzialità del Sud italiano rispetto al resto della nazione (e dell’Europa).

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